DOMENICHE ad ARCETRI - Si commosse profondamente (Gv 11,33)

 

Giovanni 11: 33-44

 

33 Gesù allora quando LA VIDE piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, SI COMMOSSE PROFONDAMENTE, si turbò e disse: 34 «Dove l’avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a VEDERE!». 35 Gesù scoppiò in pianto. 36 Dissero allora i Giudei: «VEDI come lo amava!». 37 Ma alcuni di loro dissero: «Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?». 

38 Intanto Gesù, ANCORA PROFONDAMENTE COMMOSSO, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. 39 Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni». 40 Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?». 41 Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. 42 Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43 E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44 Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare».

 

In cammino alla scoperta dei sentimenti di Cristo: il tema di questa domenica è stato la compassione, a partire da Giovanni 11, la resurrezione di Lazzaro. Ma Gesù prova compassione più volte nel Vangelo, ecco alcuni riferimenti: Luca 7,11-17; Luca 15:20-24; Luca 10:33-34.

 

Tre verbi ci aiutano per fare esperienza di questo sentimento: vedere, provare appunto compassione, e agire.

 

VEDERE

Anzitutto Gesù vede, il suo sguardo non è indifferente e anzi rivela la sua attenzione verso le persone che lo circondano e il loro mondo interiore. Il suo vedere è consapevole, equivale ad accorgersi, prendere consapevolezza. Questo è il presupposto per poter partecipare del dolore dell’altro e farci prossimi. Abbiamo bisogno di stare nella nostra realtà con gli occhi aperti, vigili, attenti. Fondamentale è un esercizio di consapevolezza, ovvero la capacità di stare nel qui ed ora, ben presenti a se stessi, e dunque anche agli altri.

 

Ho visto, ho visto l’afflizione del mio popolo che è in Egitto e ho udito il grido che gli strappano i suoi oppressori; infatti conosco i suoi affanni (Es 3,7).

 

Il punto di partenza è questo: “Ho visto”. Dio non chiude gli occhi, non li allontana da noi, in nessun momento. Abbiamo bisogno di avere fiducia in questo sguardo di Dio. Il principio della nostra liberazione è il fatto che Dio vede. Dio vede, e per noi questo sguardo rappresenta infallibilmente la possibilità di vita, di relazione, di alleanza (José Tolentino Mendonca).

 

PROVARE COMPASSIONE

Questo termine, che richiama le viscere materne, indica la partecipazione ai sentimenti dell’altro, in particolare al suo dolore, tale che lo sentiamo nel nostro stesso corpo, nella nostra stessa carne: un nodo alla gola, un pugno allo stomaco… è quello che avvertiamo in noi quando entriamo in contatto con una realtà di dolore. È un’emozione molto forte, a tal punto che potremmo cercare di difenderci, rifiutandola, rimanendo congelati o indifferenti, passando avanti… O ancora: ci potremmo sentire feriti e vulnerabili (il dolore ferisce, soprattutto quello che non ci sappiamo spiegare!) e potremmo sentire tristezza e rabbia. Se si resta fermi a un piano emotivo, rischieremmo di arrotolarci in questo senso di tristezza e impotenza. Guardiamo allora al Signore: la compassione in Lui innesca un processo di interiorizzazione del dolore dell’altro che si rivela creativo.

 

AGIRE

La compassione in Gesù non resta solo un’emozione, magari difficile da gestire, tanto quanto è difficile la realtà della sofferenza. Si traduce in una parola che è efficace, guarisce: guardiamo all’imperativo che restituisce la vita a Lazzaro. Guardando agli altri brani evangelici, vediamo che questo sentimento diventa gesto di cura, di tenerezza, di consolazione. La compassione diviene impulso per uscire da sé stessi e farsi vicini a chi soffre.

 

 Ecco dunque una chiave per poter fare compagnia al Signore in questi giorni in cui meditiamo la sua passione, in attesa della Pasqua. La passio di Gesù diventa compassio, condivisione profonda e solidale della nostra stessa vita.

 

Suore Carmelitane di S. Teresa di Firenze