GINO BARTALI - IL CICLISTA DI DIO CHE SALVÒ 800 EBREI

L'articolo in spagnolo con le foto
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Gino Bartali - Il ciclista di Dio che salvò 800 Ebrei

“Il bene si fa, ma non si dice”

 Dopo l'intervista all' Archivio di Firenze, l' articolo del Direttore della rivista mensile Teresa de Jesus nr. 238 di Luglio-Agosto 2022

Traduzione Diana Malcangi, OCDS

Gino Bartali

Il ciclista di Dio che salvò 800 Ebrei

“Il bene si fa, ma non si dice”

 

A pochi metri dall’imponente Basilica di Santa Maria Novella, nella bellissima capitale della Toscana italiana dove lasciarono la loro firma artisti come Botticelli, Brunelleschi e Michelangelo: e dopo aver camminato per alcune delle sue anguste strade, si alza improvvisa la chiesa conventuale di San Paolino. Addossata al convento dei Carmelitani Scalzi di Firenze, la chiesa custodisce al suo interno il ricordo di un singolare personaggio che la frequentava con assiduità.

Né più né meno che il famoso ciclista fiorentino Gino Bartali. Sorprendente e persino curioso vedere inginocchiato davanti all’altare di Santa Teresina il mito del ciclismo italiano. Egli che fu vincitore di due Tour di Francia e di tre Giri d’Italia, prediligeva i tranquilli giorni infrasettimanali per accostarsi alla celebrazione eucaristica e rimanere del tempo in preghiera nella chiesa dove professò come Terziario Carmelitano Scalzo.

 

In una famiglia semplice

Gino Bartali è nato nella località fiorentina di Ponte Ema il 18 luglio 1914 in seno a una famiglia semplice di lavoratori. L’impronta del lavoro, la giustizia e la ricerca per diventare un brav’uomo e un buon cristiano hanno forgiato la sua vita costruita sulle necessità di una famiglia la cui economia non permetteva molti eccessi. La tragica morte di suo fratello Giulio in un incidente ciclistico colpì seriamente sua madre che mutò il suo carattere gentile e divenne una persona chiusa e fu sul punto di troncare anche la carriera sportiva di Gino.

Gino sentì sin da piccolo la necessità di incontrarsi con Dio. Una chiamata del Signore alla quale cominciò a rispondere frequentando nella sua gioventù l’Azione Cattolica e più tardi nel seno del Terzo Ordine del Carmelo Scalzo, cercando sempre nel proprio intimo un sostegno e un dialogo interiore nella preghiera. Gino non fu mai una persona introversa, amava relazionarsi con tutti ma mai dimenticò il bisogno interiore di fare silenzio e di incontrarsi con Dio.

 

Il Ginettaccio

Gino era conosciuto come il Ginettaccio tra gli appassionati al ciclismo per la sua tenacia e una capacità fisica innata in un’epoca in cui il ciclismo non era ancora diventato uno sport molto tecnico e sistematico. La sua prima pedalata la dobbiamo a suo padre, un uomo di campagna, che gli aveva cercato lavoro come meccanico in un’officina di riparazione di biciclette. Il suo capo, impressionato dal lavoro di Gino, gli regalò la sua prima bicicletta e lo incoraggiò ad allenarsi. Le ripide strade della Toscana divennero il luogo ideale per formare il grande mito italiano del ciclismo.

L’idea di dedicarsi al ciclismo professionale non entusiasmò mai suo padre, nel timore che i suoi figli sprecassero la loro vita. Quando Gino vinse la sua prima corsa, suo padre gli disse: “Figlio hai già vinto, hai già quello che volevi, adesso torna all’officina”. Le vittorie di Gino non si limitarono a piccole competizioni locali, conta un nutrito palmares nel quale spiccano i suoi due Tour di Francia (1938 e 1948) e le tre volte che vinse il Giro d’Italia (1936, 1937 e 1947), vittorie distanziate tra loro a causa della Seconda Guerra Mondiale.

I trionfi di Bartali ebbero una grande ripercussione nazionale nella convulsa Italia del dopoguerra, aiutando a rasserenare il Paese sull’orlo della rivoluzione in quel mese di luglio. La vittoria di Gino al Tour di Francia del 1948 fu un balsamo contro le tensioni provocate dall’attentato al leader del Partito Comunista Italiano, Palmiro Togliatti, quando usciva dal parlamento.

 

Carmelitano nel cuore

Quelli che conobbero Gino, parlano della sua generosità e della sua delicatezza di tratto, era schietto ma dolce, e con una grande disponibilità verso tutti e insieme mostrava sempre il bisogno di stare affianco alla sua famiglia, a sua moglie Adriana che amò tanto. “Il Signore ti ha consegnata a me nel momento in cui avevo più bisogno. Che Santa Teresina ci aiuti in questa avventura. Amami molto come io ti amo”. Scrisse a sua moglie la sera delle sue nozze.

Non sappiamo come cominciò la sua relazione con il Carmelo. Forse una casualità, dopo la morte di suo fratello, probabilmente ebbe bisogno di parlare con qualche padre e i suoi passi si incamminarono verso il convento dei Carmelitani Scalzi di San Paolino in Firenze. Lì incontrò Padre Mauro Tabarelli che lo accolse e lo condusse verso il Terzo Ordine del Carmelo. Padre Mauro divenne il suo direttore spirituale e in molte occasioni celebrò l’eucaristia nella cappella che Gino aveva in casa sua dedicata a Santa Teresina, la santa carmelitana francese della quale era molto devoto.

Quando professò, il 4 dicembre 1938 nel Terzo Ordine del Carmelo Scalzo, prese il nome di Tarcisio di Santa Teresa di Gesù Bambino.

Dopo la vittoria del Giro d’Italia del 1937, a Milano, nella chiesa del Corpus Domini, Gino Bartali dedicò questa preghiera di ringraziamento alla sua Santa prediletta: “Nella chiesa dove prima di partire per il 25° Giro d’Italia invocai l’aiuto divino, oggi mantengo la mia promessa di ringraziamento solenne al Signore e alla mia amata Santa, Santa Teresina, per la nuova grazia che mi ha concesso, facendomi vincere il difficilissimo Giro del 1937. Gli eminentissimi Cardinali e Vescovi d’Italia che mi benedissero, i Padri Carmelitani, gli amici dell’Azione Cattolica, i Terziari, abbiano il mio più profondo ringraziamento: Santa Teresina li benedica tutti”.

Bartali rimarrà affascinato da tutto ciò che è carmelitano e intrattiene una grande relazione con i frati carmelitani e con i ragazzi che studiano nel loro collegio, relazione accompagnata anche con alcuni interventi di aiuto alla Chiesa. Aiuterà a finanziare il collegio a favore dei bambini poveri e orfani dei carmelitani a Capannori (Lucca), organizzerà tombole per promuovere aiuti regalando una delle sue biciclette con le quali aveva vinto qualcuno dei suoi più importanti titoli.

Soleva dire che le opere di carità si fanno, ma non si dicono, e che le medaglie che più valgono non sono quelle che adornano la camicia sportiva, ma quelle che si portano nell’anima.

Nel luglio del 1951, in occasione del pellegrinaggio di una statua della Vergine incoronata, Gino Bartali regalerà un calice d’argento al Santuario carmelitano di Capannori (Lucca). Papa Pio XII, che lo ricevette in udienza privata, celebrò l’eucaristia con quel calice, consacrandolo, prima che fosse consegnato al convento carmelitano.

Portava la sua devozione al Carmelo ovunque fosse, come qualcosa che sentiva molto profondamente e senza il minimo orgoglio. Soleva dire che le opere di carità si fanno, ma non si dicono e che le medaglie che hanno maggior valore non sono quelle che adornano la camicia sportiva, ma quelle che si portano nell’anima.

La bicicletta divenne il suo strumento per vivere la sua intimità con Dio, come abitualmente diceva. La storia spirituale, non solo sportiva, di Gino Bartali deve essere conosciuta da tutti dato che si tratta di un famoso testimone, e lo è ancora di più oggi in mezzo a una grande mancanza di valori.

 

Giusto tra le Nazioni

Gino Bartali era un uomo di ben radicati principi morali. Dopo la sua vittoria al Tour di Francia nel 1938, il fascismo italiano si servì della sua figura come un simbolo di superiorità della razza italiana, anche se lui sempre si rifiutò di dedicare un suo titolo a Benito Mussolini. In quei momenti oscuri nessuno potrebbe immaginare che quel grande campione italiano formava parte di una rete segreta per salvare gli Ebrei dallo sterminio nazista.

Durante la guerra, Gino continuò ad allenarsi per le strade della Toscana e dell’Umbria, ma ciò che nessuno sospettò è che sotto il sellino o all’interno del telaio della sua bicicletta Bartali trasportava documenti falsi per gli Ebrei che si nascondevano nei monasteri italiani.

Era il corridore perfetto, acclamato persino dai soldati fascisti quando passava in mezzo a loro.

La rete, creata dal rabbino di Firenze e dal Vescovo della città, portò Bartali a percorrere, durante gli anni 1943 e 1944 i quasi duecento km che separavano Firenze da Assisi in un solo giorno. Doveva portare le fotografie e tornare con i documenti falsificati in una sola giornata.

Gino si ritirò a Firenze, dove morì a 85 anni nel maggio del 2000. Durante più di cinquant’anni pesò su di lui l’etichetta di essere il corridore dei fascisti, ma lui mai rivelò a nessuno il suo eroico lavoro per aiutare a salvare gli Ebrei italiani. Questa impresa venne alla luce soltanto nel 2003 quando comparvero alcuni documenti nei quali risultava minuziosamente come funzionava questa rete clandestina di aiuto agli Ebrei e come Gino Bartali era il corriere ideale per portarla a termine.

Gino aveva contribuito a evitare che 800 Ebrei fossero deportati in qualche campo di concentramento nazista. Questa impresa, di cui sempre mantenne il segreto, gli valse il prezioso riconoscimento di “Giusto delle Nazioni” conferito dallo Stato di Israele.

La sua discrezione e il suo silenzio furono la sua risposta a una profonda convinzione religiosa “Mio padre era un fervente cattolico. Quasi mai ci parlò di ciò che fece durante la guerra. Diceva soltanto che nella vita, queste cose si fanno e basta”, ricordava suo figlio Andrea. Quando la gente gli diceva: “Gino sei un eroe”, rispondeva: “No, no, io voglio che mi ricordino per i miei successi sportivi. Gli eroi veri sono altri, quelli che soffrono nell’anima, nel cuore, nello spirito e nella mente, per i loro cari. Quelli sono i veri eroi. Io sono soltanto un ciclista”.

Gino morì venerdì 5 maggio 2000, in pace, nel suo letto, come aveva sempre chiesto nelle sue preghiere a Santa Teresina. Fu avvolto nella cappa bianca dei Terziari Carmelitani secondo il suo desiderio, infatti aveva chiesto di essere sepolto solo con questa cappa, senza simboli di gloria terrena! Sulla sua tomba né foto né epitaffi, ma semplicemente: Gino Bartali 1914-2000.

Luana Santoro, ocds

David Jiménez, ocd

 

 

Articolo sulla rivista mensile Teresa de Jesus nr. 238 di Luglio-Agosto 2022

 

Traduzione Diana Malcangi, OCDS