Il Dottor SALVATORE

Missione in Albania: cronaca semi-seria di un’esperienza unica.


 

Quando Padre Angelo mi ha chiesto di scrivere un articolo della missione cui ho partecipato ad Agosto inizialmente ero un po’ scettico visto che non sono né un appassionato giornalista né un reporter.  Alla fine ho pensato di poter esprimere, in questo articolo, i ricordi di questa settimana “alternativa” cui ho partecipato con molto piacere e che mi ha consentito di conoscere persone straordinarie che ogni giorno, con grandi sacrifici e pochi mezzi,  aiutano il prossimo e cercano di migliorare una situazione veramente difficile. Appena il mio Professore (sono un specializzando del V° di Dermatologia) Gregorio Cervadoro mi ha chiesto di partire con lui in questa missione albanese ho accettato con entusiasmo, visto che dal giorno in cui mi sono iscritto alla facoltà di Medicina e Chirurgia ho sempre avuto in mente di partecipare a qualche missione umanitaria; quindi un’occasione del genere non me la sono lasciata sfuggire. 

La mattina della partenza mentre mi recavo a piedi in aeroporto mi ponevo mille interrogativi sulla situazione che avremmo trovato in Albania. Giunto al gate ho incontrato il Professore e conosciuto le altre 2 persone che sarebbero state le nostre compagne di viaggio in Albania ossia Nadia e Alessia (ribattezzate dal Prof Sonia ed Amalia). Da subito si è stabilito un ottimo rapporto con loro e questo è stato di grande aiuto nel proseguo della missione visto che un gruppo che va d’amore e d’accordo lavora meglio di uno in cui sono presenti contrasti tra i vari componenti. Arrivati all’aeroporto di Tirana, abbiamo trovato ad aspettarci Padre Angelo con un accompagnatore albanese. La vista di questo frate giovane, diversamente alto, barbuto e all’apparenza simpatico mi ha un po’ rassicurato, considerando che pensavo di trovarmi davanti un frate un po’ più anziano e serio. Premetto che non sono un assiduo frequentatore di chiese e ho sempre avuto un pessimo rapporto con gli esponenti del clero con cui mi sono rapportato. Sono bastati i primi scambi di battute con Angelo per capire che mi trovavo di fronte ad un persona che crede molto nella sua missione e cerca di realizzarla nel migliore dei modi, dedicandosi completamente al prossimo, come dovrebbe essere per chi sceglie la vita religiosa, ma spesso non lo è.

 

Già in aeroporto abbiamo visitato una ragazza in un negozio di telefonia e già da lì ho capito che sarebbe stata un’esperienza diversa dal normale. Attraversando Tirana con il Ducato modello Parigi-Dakar di Angelo sembrava di vedere  una città quasi moderna con strade, palazzi e case tutto sommato in buono stato. Allontanandosi dalla Capitale però il paesaggio è completamente cambiato quasi all’improvviso; strade devastate, case cadenti, scenari da paese veramente molto povero. Dopo circa 2 ore di viaggio ci siamo fermati a Scutari per consegnare dei farmaci alle suore di Madre Teresa di Calcutta e abbiamo visitato la struttura da loro gestita in cui si trovano persone, molte delle quali bambini, affetti da gravi malattie neuro-psichiatriche, che spesso vengono abbandonate dalle rispettive famiglie in questa struttura. Personalmente è stato molto toccante vedere questi bambini, con tutte le loro problematiche, assistiti in maniera splendida dalle suore. Dopo esserci dissetati, visto che c’erano 40°C, abbiamo ripreso il viaggio in direzione di Nejshat, dove per pranzo ci aspettavano le suore di clausura. Arrivati in questo convento, situato in un posto molto impervio, sono rimasto colpito dal calore e dall’affetto dimostratici dalle suore, ma la cosa che  mi ha più sorpreso è stata la serenità e l’allegria di queste donne, alcune anche molto giovani, che vivono in clausura da diversi anni. 

Altra cosa da ricordare il fatto che le suore siano delle cuoche bravissime ed in particolare ci hanno preparato dei dolci buonissimi. Nel pomeriggio siamo ritornati a Scutari(?) per conoscere suor Cristiana, che è in Albania da molti anni, e  abbiamo iniziato a fare visite dermatologiche nella canonica di una chiesa, altro luogo in cui non avrei mai pensato di esercitare la mia professione. Da queste prime visite ci siamo subito resi conto della situazione difficile in cui vive gran parte della popolazione albanese, senza un’assistenza medica che possa essere definita tale e in condizioni economiche difficili, ma il peggio lo avremmo visto i giorni successivi. Dopo aver finito le visite, siamo tornati dalle suore di clausura che ci hanno ulteriormente deliziato con la loro cucina e dopo cena  ci hanno fatto il terzo grado a tutti,sembrava di essere ospiti della trasmissione di Marzullo. Dopo un’ora di “interrogatorio” siamo andati a riposare nelle stanze del convento riservate agli ospiti, veramente confortevoli. La mattina dopo siamo partiti per raggiungere Dushaj, onestamente per me il viaggio è stato un calvario visto che non avevo chiuso occhio e 6 ore su delle mulattiere sono veramente pesanti. La cosa bella di questo viaggio è stato il paesaggio  spettacolare, uno scenario incantevole con fiumi, laghi e una vegetazione rigogliosa e quasi selvaggia. Arrivati a Dushaj siamo stati alloggiati nella canonica di Raja, molto confortevole se si escludono i calabroni e gli scorpioni  che la sera venivano a darci un po’ noia. Il primo giorno di visite è stato una sorta di primo giorno di scuola, visto che ci trovavamo in un ambiente diverso da quello abituale, con pazienti diversi da quelli che visitiamo di solito, che sono sempre stati molto riconoscenti nei nostri confronti. 

Nel corso della missione abbiamo fatto circa 100 visite, alcune non dermatologiche, perfettamente organizzati seppure in condizioni molto disagevoli. Grazie alle nostre interpreti e aiutanti che sono state un  grosso aiuto da tutti i punti di vista,  con il nostro centro distribuzione farmaci gestito dalla nostra farmacista e dalla sua assistente che hanno fatto un lavoro straordinario, con  il nostro frate che spesso spariva e non si sapeva dove andasse … Resta il rammarico di non aver potuto fare di più, per mancanza di strumenti e farmaci, di non essere riusciti a visitare i villaggi dove sicuramente avremmo potuto essere di aiuto a gente che non è stata in  grado di venire nell’ambulatorio di Dushaj. Nel nostro ambulatorio  abbiamo potuto toccare con mano la povertà in cui versa quasi tutta la popolazione di questa zona, posta nel nord dell’Albania. Molte persone hanno fatto 4 ore a piedi, sotto il sole, per essere visitati da noi, anche per problemi non dermatologici, visto che in molti villaggi quello che dovrebbe essere il medico di famiglia esiste, ma risiede a 100 km di distanza ed effettua visite sporadicamente dietro lauto compenso, che la popolazione spesso non si può permettere.

 

In conclusione vorrei fare una breve carrellata di persone e ricordi di questa esperienza bellissima:

·        Padre Angelo, la nostra guida che non sa una parola di albanese e si ostina a dire messa in albanese, che la mattina ci svegliava con le sue urla dicendoci di alzarci,beccandosi qualche insulto, che si spacciava per il Cracco di Albania e non ha mai cucinato, che scappava quando facevo vedere le immagini di dermatologia, che mi ha sopportato durante tutto il soggiorno con le mie continue lamentele e le mie prese in giro, che mi ha fatto assistere a 3 messe in 24 ore (record mondiale difficilmente battibile), una persona straordinaria che si dedica completamente agli altri non chiedendo nulla in cambio.
·        Il mio grande Prof. che mi ha portato con lui, da cui ho imparato tanto in questi 5 anni, che mi ha sempre trattato quasi come un figlio elogiandomi o sgridandomi a seconda dei casi, che mi ha fatto mangiare l’orzo e il farro (che detesto) per seguire la sua dieta, che cerca sempre di tenere a freno la mia irruenza.
·        Nadia e Alessia, compagne di viaggio meravigliose con cui ci siamo veramente divertiti tanto, che hanno sopportato la mia presenza a volte pesante, anche se le ho fatte ridere parecchio con la mia lista di simpatie e soprattutto antipatie “geografiche”, che hanno sistemato in maniera perfetta la farmacia dell’ambulatorio, assistendoci tutti i giorni senza mai lamentarsi, sempre col sorriso sulle labbra e soprattutto che ci hanno sfamato con la loro ottima cucina, grazie di cuore.
·        Le suore, tutte quante, ma in particolare suor Cristiana che ha passato più tempo con  noi, ci ha fatto da interprete e ci ha spiegato come funzionano le cose in Albania e col suo sorriso ci ha aiutato a continuare a lavorare, nonostante un po’ di stanchezza.
·        Le nostre  serate a Raja, a bere il rakì e a mangiare pane e nutella, scrutando il cielo stellato bellissimo, lontano dalle luci della città, cosa che in Italia è quasi impossibile osservare.
·        La grigliata preparataci dai ragazzi albanesi, consumata sul tetto del garage della canonica di Raja. Una serata bellissima, divertente ma che ci ha consentito di confrontarci con questi ragazzi che vivono una dura realtà, spesso “corteggiati” dai signori dell’oppio che abitano in quelle zone, che li tentano con soldi facili per convincerli a diventare spacciatori nelle città più ricche dell’Albania.
·        I miei cari amici spagnoli, che sono bravissimi a suonare  la chitarra, a fare gli animatori, a lamentarsi, per una settimana, per una puntura d’insetto, a vomitarmi quasi in faccia senza nemmeno ringraziare per averli curati, un po’ meno volenterosi quando c’è da rimboccarsi le maniche e lavorare sul serio …
·        Le infermiere e gli infermieri che ci hanno assistito, fatto da interpreti, aiutati a calarci nella realtà locale, sempre gentili con noi, che hanno avuto sempre grande volontà di apprendimento, assistendo alla nostra lezione, improvvisata, ma molto utile per loro.

In definitiva la settimana trascorsa in Albania è stata, per me, un’esperienza bellissima, anche se dura da molti punti di vista. Mi ha consentito di crescere sia come persona sia come medico e la consiglierei caldamente a tutti i miei colleghi, soprattutto a quelli più giovani. Confrontarsi con realtà difficili come quella che si trova in Albania, a pochi chilometri da noi, aiuta a farci capire quanto siamo fortunati a vivere in una società in cui abbiamo tutto ma che, proprio per questo, è dominata dall’egoismo, dall'avidità, dall’invidia e da tutti i mali che pervadono le società globalizzate.

«Il valore di un uomo dovrebbe essere misurato in base a quanto dà e non in base a quanto è in grado di ricevere».

 

Albert Einstein.